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venerdì 15 novembre 2013

PUNTI & SPUNTI. CALCIATORI: IDOLI IN CHIARO E SCURO.

Cari amici,
con un po' di ritardo, bentrovati alla seconda puntata di PUNTI & SPUNTI. Quante volte, quando eravamo più piccoli, abbiamo sempre pensato, da appassionati di calcio, ai calciatori come idoli, come punto di riferimento anche per le giovani generazioni?
In buona parte dei casi è senza dubbio così, anche se purtroppo non mancano le eccezioni. In questa puntata, quindi, andremo a raccontarvi due storie: una in cui purtroppo il calciatore protagonista abbia avuto un ruolo diciamo non proprio positivo, l'altra in cui per fortuna il calciatore protagonista ha avuto un ruolo per fortuna positivo.

IBRA E IL MANCATO INCONTRO CON HARJUDIN.


La prima storia che vorrei raccontare in questa nostra puntata vede come protagonisti l'attaccante del PSG ed ex punta di JUVE, INTER e MILAN, ZLATAN IBRAHIMOVIC e il piccolo HARJUDIN KAMENJAS.

Harjudin è un bambino bosniaco di 8 anni, che purtroppo dall'età di due anni convive con una forma molto grave di leucemia. Purtroppo, e questa è la cosa che credo nessuno di noi vorrebbe sentire, secondo i medici, Harjudin ha a malapena ancora un mese di vita. Questo bambino, però, è cresciuto con la passione per il calcio, e in particolare per ZLATAN IBRAHIMOVIC, di cui è un grandissimo ammiratore.
Per questo motivo, quindi, la famiglia di HARJUDIN scrive una lettera estremamente accorata al campione svedese, spiegandogli la situazione del figlio, e chiedendogli come ultimo desiderio la possibilità di potergli far incontrare Harjudin.
Ibra accetta, ma di qui in poi la storia si fa sempre più ingarbugliata. Alcuni media bosniaci riferiscono di una visita a Sarajevo di Ibrahimovic lo scorso 3 Ottobre, ma in realtà la notizia è una vera e propria bufala, perchè, come racconterà la madre del bambino, "Ibrahimovic non verrà per i prossimi due-tre giorni. Ha molti impegni. Stamane ho pregato tutti di non fare pressioni che avrebbero effetti controproducenti. Chiedo a tutti i media in Bosnia-Erzegovina e in tutta la regione di non scrivere nulla su questa vicenda, poiché ciò facendo non rispettano nè Zlatan nè il mio Hajrudin. Nessuno saprà mai dove e quando si incontreranno Hajrudin e Zlatan Hibrahimovic. Questo non è un gioco, questo è il mio dolore e prego tutti di rispettarlo."

Nei giorni successivi Ibra manda ad Harjudin una maglia autografata e un videomessaggio registrato in cui spiegava al bambino che non sarebbe potuto venire a Sarajevo per i numerosi impegni con il PSG, ma che avrebbe sempre pensato a lui.

Il PSG si prende a cuore la vicenda, assicurando che l'incontro si sarebbe svolto a Parigi. In seguito a un infortunio di Ibra tra fine Ottobre e i primi di Novembre a causa di una infiammazione al ginocchio sinistro, il PSG organizza l'incontro per il weekend tra il 1° e il 2 novembre a Parigi.
La famiglia di Harjudin viene aiutata a realizzare il viaggio dall'attivista umanitaria Tehvida Thea Rekic, bosniaca emigrata in Germania dove ha fondato una Ong, e finanziato da un calciatore bosniaco che ha chiesto di rimanere anonimo.

Harjudin, con la famiglia, si reca dunque in Francia a Parigi, per incontrare il suo idolo, Ibra. Un incontro al quale il bambino tiene molto, ma che purtroppo non si verificherà a causa dei continui ed ingiustificati rinvii di Ibrahimovic. Non solamente Ibra non si presenterà in tribuna ad incontrare il piccolo Harjudin durante una partita del PSG a cui era stato invitato, ma rinvia tutti gli incontri fissati in seguito con il bambino e la sua famiglia.
Toccano molto le frasi del padre del bimbo, dietro l'ennesimo rinvio da parte di IBRA. “Non sono riuscito a regalare a mio figlio l'ultima emozione della sua vita. Abbiamo fatto di tutto per esaudire il suo desiderio, anche contattato il PSG, ma di fronte al rifiuto del calciatore siamo stati costretti a trovare una scusa, dicendo a nostro figlio che Ibra era in ospedale, malato”.

Harjudin, purtroppo, è stato così costretto a rientrare in Bosnia, senza poter realizzare il suo sogno: poter incontrare una volta dal vivo il suo idolo, insomma, ZLATAN IBRAHIMOVIC.

Per una storia purtroppo molto triste, fortunatamente c'è anche una storia da lieto fine. Una storia che dimostra che i calciatori, QUANDO vogliono, hanno anche un grande cuore.

LA LEZIONE DI KIM.


La seconda storia che andiamo a raccontare vede protagonisti il piccolo MAX, e il centrocampista dello SPARTAK MOSCA, lo svedese KIM KALLSTROM. Questa storia ha fatto il giro del mondo, e, con colpevole ritardo, andiamo ora a raccontarla.

Martedì 15 Ottobre. Si gioca alla FIRENDS ARENA di SOLNA l'ultima gara della fase a gironi della qualificazione mondiale per i mondiali del prossimo anno in Brasile tra la GERMANIA e la SVEZIA.
I giocatori scendono in campo accompagnati da 22 bambini, 22 mascotte molto speciali. I 22 bambini sono infatti affetti dalla sindrome di WILLIAMS-BEUREN, un disturbo che colpisce fin dalla tenera età che purtroppo compromette la crescita, provoca ritardi mentali ed anche un invecchiamento precoce.
All'atto di scendere in campo Max mostra subito profondo smarrimento e tanta, tanta paura.Uno dei sintomi purtroppo gravi della malattia. Kallstrom se ne accorge subito, e a quel punto , come possiamo vedere dalla foto, con profonda naturalezza abbraccia subito il piccolo Max per fargli capire che non è da solo, che anche lui lo protegge. Il bambino riesce a superare così questo momento per lui molto duro.


Nei giorni successivi il padre del bambino scrive a Kallstrom, usando queste parole "Grazie al tuo comportamento, mio figlio è riuscito a provare le stesse emozioni degli altri: orgoglio e la sensazione di essere speciale. Ti sto scrivendo perché non sono del tutto sicuro che tu abbia capito quello che hai fatto per noi. Martedì Max è riuscito a fare qualcosa di speciale: mantenere la concentrazione per 15 minuti senza alcun accenno di nervosismo".

Una bellissima storia, quella di Kim Kallstrom e del piccolo Max, che dimostra quanto per fortuna nel calcio esistano ancora dei calciatori capaci di essere non solamente dei grandi campioni superpagati, ma anche e sopratutto dei grandi uomini. 

 
                                                       Rüdiger Franz Gaetano Herberhold

lunedì 11 novembre 2013

PUNTI & SPUNTI. IL CALCIO IN MANO AI TEPPISTI?


Cari amici,
con oggi prende il via qui in pagina una nuova rubrica quotidiana, PUNTI & SPUNTI. In questo spazio affronteremo quotidianamente uno dei principali argomenti della giornata o della settimana e mi ci terrei veramente molto potesse diventare uno spazio di confronto sui singoli argomenti, un po' come è sempre stato finora qui in pagina fan.

Uno spazio dove, a differenza di alcuni post che ho letto negli ultimi tempi, non vorrei fosse la maleducazione e l'arroganza a prevalere, ma uno spazio dove poter esprimere in modo CIVILE ed EDUCATO le proprie opinioni. A volte saremo d'accordo, a volte meno, ma quello che vorrei in questo spazio è che non mancasse mai una cosa: il RISPETTO reciproco. Anche quando non la pensiamo nella stessa maniera.

L'argomento che ho scelto per inaugurare questa nostra rubrica è subito assai delicato. Avrei potuto scegliere un argomento molto più leggero ( e non ne sarebbero mancati!), e invece vorrei soffermarmi un momento su quanto successo ieri in occasione del derby tra SALERNITANA-NOCERINA nel girone B della 1° divisione del campionato di LEGA PRO. Un'occasione per fare anche una considerazione un po' più ampia, e su cui mi piacerebbe potessimo confrontarci tutti insieme come dicevo sopra in modo civile ed educato.

Da un po' di tempo a questa parte ho la sensazione che il calcio stia sempre più mettendosi nelle mani di pseudotifosi o teppisti (chiamateli come volete), che nulla hanno a che vedere con i veri tifosi, con insomma i veri appassionati di calcio.
Per carità, anche in passato poteva capitare di assistere a qualche sfottò tra le curve (e fin qui non ci sarebbe nulla di male, essendoci sempre stati nel mondo del calcio), ma la sensazione che ho, sempre più forte, è che in tal senso si stia sempre più tirando la cinghia. Con la sensazione che prima o poi la cinghia si strappi del tutto, rompendosi in maniera inesorabile.

Se ci fate caso, negli ultimi 20-30 anni, abbiamo cominciato ad assistere sempre più a una vera e propria escalation della violenza. Dai classici sfottò in curva nel corso degli anni sono cominciati a venir fuori delle vere e proprie offese quali il tristemente divenuto celebre coro “Lavali Vesuvio”, le offese riferite alle vittime della strage di Superga, le offese riferite alle vittime dellastrage dell'Heysel, le offese nei confronti dell'attuale dirigente juventino Gianluca Pessotto, e altre atrocità varie.

Non solo. Quello che una volta era un vero piacere (andare a vedere una partita con le proprie famiglie allo stadio) si sta purtroppo trasformando più in molti casi in una vera e propria guerriglia urbana. Per fortuna, in molte realtà è ancora possibile poter assistere serenamente a una partita di calcio, ma non sempre purtroppo è così. Mi ricordo quando 18 anni fa con sincera e profonda tristezza venne data notizia della morte del tifoso genoano Vincenzo Spagnolo, ucciso a coltellate dall'ultras del Milan, Simone Barbaglia fuori dallo stadio Marassi. Quello che all'epoca poteva essere un gesto isolato, la lotta tra alcuni ultras, purtroppo è sempre più divenuta una triste abitudine. In occasione dei match clou non mancano notizie di accoltellamenti di fronte o comunque nei pressi dello stadio come nel caso del derby romano ma non solo; come ad esempio è successo ieri allo Juventus Stadium dopo il solito coro relativo al Vesuvio da parte di alcuni pseudotifosi juventini, il lancio di seggiolini e porte dei bagni svolto da altrettanti pseudotifosi napoletani, con 4 tifosi bianconeri ricoverati in ospedale. E tutto questo, cari amici, per una partita di calcio!!!

Ma il peggio, purtroppo, era già avvenuto. E qui arriviamo al derby di ieri tra Salernitana e Nocerina.
In seguito alla rivalità abbastanza forte tra le due tifoserie il Prefetto aveva vietato l'accesso allo stadio Arechi da parte dei tifosi della Nocerina, per paura potessero verificare degli scontri all'interno dello stadio. Ebbene, cosa hanno trovato di meglio da fare alcuni pseudotifosi della Nocerina (i veri tifosi sono tutt'altra cosa)? Vanno a minacciare di morte i giocatori della Nocerina e i loro parenti nel caso in cui i giocatori fossero scesi in campo. La società a questo punto avverte immediatamente il Prefetto, che invità la squadra a stare calma, e rinvia 'inizio della partita di 40 minuti circa. Arriviamo così all'inizio del derby, che vedrà la gara fermarsi dopo venti minuti, la vittoria a tavolino per la Salernitana, in quanto la Nocerina cambia ben 3 giocatori dopo 1 minuto di gioco, e in quei venti minuti si fanno male ben 5 giocatori su 11, e alcuni ultras della Nocerina che festeggiano in piazza tranquillamente come avessero vinto gridando “Abbiamo vinto noi”.

Purtroppo questa volta hanno vinto loro, ma a perdere non è stata solo la società Nocerina, con le dimissioni dell'intero staff societario e tecnico, non è stata solo la Lega Pro.
No, cari amici: purtroppo a perdere è stato l'intero calcio italiano. Purtroppo anche ieri abbiamo assistito all'ennesima conferma di come un branco di teppisti possa condizionare una partita di calcio. E questo è un segnale purtroppo pericoloso per il nostro calcio. E la cosa che mette veramente rabbia è che in tutto questo le società stanno ferme. Non si sa se per interesse (a chi conviene mettersi contro gli ultras) o per effettiva impotenza.

Se c'è qualcuno che perde in tutto questo andazzo, alla fine sono proprio loro: i Tifosi con la T maiuscola, o meglio ancora i veri appassionati di calcio, che magari vorrebbero andare allo stadio a seguire la partita con la propria famiglia e per tifare serenamente i propri idoli, e che invece purtroppo non possono per paura che succeda loro qualcosa e che, come successo in passato in occasione di un GENOA-SIENA, siano costretti a scappare a gambe levate dallo stadio stesso.

Intendiamoci: la mia non vuole una sparata a zero a presicndere nei confronti del mondo Ultras, né fare una pericolosissma generalizzazione, perchè per fortuna ci sono Ultras e Ultras.
Anche all'interno della tifoseria di una singola squadra di calcio ci possono essere infatti schiere di Ultras più pacifiche e impegnate anche in alcuni casi in iniziative veramente molto lodevoli (e a cui ci farebbe anche piacere dare spazio), e schiere più “estreme”, per cui non si può fare tutto d'un'erba il fascio.

Una cosa, comunque è certa, e qui vado a concludere: non si può più andare avanti così. Una partita di calcio non può continuare ad essere uno stato di guerriglia urbana. Non importa per quali motivi, ma non si può continuare così. Il rischio, sempre più concreto, sempre non lo abbiamo già raggiunto, sarebbe quello di un vero e proprio allontanamento della tifoseria quella buona, quella più civile ed educata dagli stadi. E in quel caso non avrebbe vinto nessuno, ma un po' avremmo perso tutti. E in particolare avrebbe perso lui: quello sport che tanto amiamo, e che tanto ci fa emozionare e sognare. Insomma: il calcio.

Rüdiger Franz Gaetano Herberhold