Un
ragazzo il cui ricordo ha un posto speciale nel cuore di tutti gli
appassionati di calcio, indipendentemente dal credo calcistico.
Questo è ANDREA FORTUNATO, il giovane difensore della JUVENTUS, che
il 25 Aprile 1995 perse la via a soli 23 anni in seguito a una grave
forma di leucemia.
Andrea,
nato a SALERNO il 26 Luglio 1971, fece il suo esordio nel mondo del
calcio come difensore nel COMO disputando due stagioni dal 1989 al
1991. Nella prima stagione (1989/90) in SERIE B collezionò 16
presenze, nella stagione successiva (1990/91) in SERIE C1, giocò 27
partite come titolare.
Le
prestazioni di ANDREA vengono seguite con molto interesse da parte
del GENOA, che lo ingaggia. Giunto a Genova, ANDREA viene mandato un
anno a PISA (stagione 1991/92), per poi fare il suo esordio in
rossoblù la stagione successiva. Una stagione, quella 1992/93, che
vedrà ANDREA giocare 33 partite e segnare addirittura 3 goal. In
particolare l'ultimo goal, segnato contro il MILAN, fu decisivo per
le sorti della sua squadra, in quanto fu proprio il goal di ANDREA a
salvare il GENOA, allenato in quell'anno da OSVALDO BAGNOLI.
Andiamo,
quindi, a vedere il goal di ANDREA FORTUNATO, nella sintesi di GENOA-MILAN, tratta da 90°minuto dell'epoca.
IL
PASSAGGIO ALLA JUVENTUS.
Nel
Giugno 1993, ANDREA passa alla JUVENTUS. Pochi giorni dopo questo
nuovo trasferimento, FORTUNATO tornò nella sua SALERNO, e in
quell'occasione rilasciò a ROBERTO GUERRIERO, giornalista di
TELECOLORE, emittente televisiva della sua città, un'intervista in
cui commentava, tra le altre cose, anche il suo passaggio in
bianconero.
Nella
stagione 1993/94, con la maglia della JUVENTUS, ANDREA ottiene 27
presenze, segnando addiritura un goal,all'OLIMPICO contro la LAZIO.
Nel
frattempo, però, ANDREA aveva fatto anche il suo esordio in
NAZIONALE. L'allora ct azzurro, ARRIGO SACCHI, lo stava seguendo con
profondo interesse, e così il 22 Settembre fece il suo esordio con
la maglia della NAZIONALE AZZURRA.
Tutto
sembra proprendere per una convocazione in azzurro del giovane
difensore campano anche in vista dei prossimi mondiali in America.
Cosa che però non avviene.
Da
qualche tempo, e più precisamente dalla primavera del 1994 ANDREA
accusa un vero e proprio calo, con i tifosi che addirittura lo
accusano di scarso impegno, e addirittura di essere un malato
immaginario. Cosa sta succedendo a questo ragazzo?
Come
racconta PIERO BIANCO in un articolo, pubblicato all'epoca dal
quotidiano LA STAMPA, Venerdì 20 Maggio 1994 “Andrea
e' stanco, irriconoscibile in campo, lui che e' sempre stato un
concentrato esplosivo di energia; fatica a recuperare, e' tormentato
da una febbriciattola allarmante. Il dott. Riccardo Agricola,
responsabile del servizio sanitario bianconero, prescrive una serie
di analisi. La diagnosi mette subito paura: leucemia acuta linfoide,
fattore Filadelfia positivo. Quanto di peggio ci si poteva
immaginare. Fortunato viene ricoverato nella Divisione Universitaria
di ematologia dell'ospedale Molinette”.
Tre
giorni dopo la diagnosi, il 23 Maggio 1994, il giorno successivo alla
seconda seduta di chemioterapia, Andrea riceve la visita di un gruppo
di ultras bianconeri, della curva Scirea, quelli che qualche mese fa
lo presero a uova in faccia, lo accusarono di essere un lavativo.
Soprattutto, di essere un malato immaginario. Il terzino della Juve
non aveva reagito, aveva incassato senza fiatare. Gli ultras in
quell'occasione non poterono parlare direttamente con ANDREA,
ricoverato in isolamento in una camera asettica, ma poterono fargli
avere un mazzo di fiori e un biglietto di auguri.
Secondo
quanto afferma l'articolo di PIERO BIANCO, pubblicato sul quotidiano
LA STAMPA nel 1995, poche ore dopo la scomparsa di ANDREA, e in cui
venivano ricostruiti gli ultimi mesi di vita del giovane difensore
bianconero, secondo i medici, può farcela. “Andrea
e' giovane, la sua tempra robusta lo aiutera'>. Ma l'ottimismo di
facciata e' una pietosa bugia. Gli specialisti sanno bene che solo un
trapianto con un donatore compatibile potra' restituire la vita a
quel ragazzo coraggioso, assistito dalla fidanzata, Lara, e dai
genitori, mamma Lucia e papa' Giuseppe, che e' cardiologo
all'ospedale di Salerno e che ha l'immediata percezione del dramma.
Tre settimane di terapia intensiva. Un netto miglioramento, valori
verso la normalita'. L'organismo combatte, i globuli bianchi in
eccesso spariscono, tecnicamente si parla di remissione completa
della malattia. Un passo importante. <Voglio farcela, voglio
vincere questa guerra terribile>, dichiara il giocatore. Ma la
battaglia e' ancora lunga. I medici non riescono a reperire, in tutto
il mondo, un donatore compatibile per il trapianto. Sono solo tre i
potenziali donatori, ma tutti troppo lontani. Cosi' il 9 luglio si
tenta un'altra strada. Fortunato viene trasferito a Perugia, al
Centro Trapianti diretto dal dott. Andrea Aversa e dal prof. Massimo
Martelli. Sono passate sette settimane. Nel giorno del suo 23°
compleanno, il 26 luglio, gli vengono infuse le cellule sane della
sorella Paola, opportunamente <lavorate>. Poi seguono altri due
innesti. Ci vorranno un paio di settimane per avere certezza che il
midollo si sia spontaneamente rigenerato. L'11 agosto si annuncia
come un'altra data importante: Fortunato viene trasferito in un
reparto pre-sterile. Combatte, fino a quando le forze lo sorreggono.
Parla al telefono con i compagni, puo' leggere qualche giornale
<sterilizzato>, segue la sua Juve in tv. Andrea si e' ormai
reso conto che la battaglia e' piu' dura del previsto, pero' scova
insospettabili forze. Poi, dopo Ferragosto, il primo crollo. Il suo
organismo non ha assorbito le cellule della sorella Paola. Il rigetto
fa ripiombare Andrea nella disperazione. Si tenta ancora, si spera in
un altro miracolo. Papa' Giuseppe prova a donargli le cellule del suo
midollo. Ad Andrea inizialmente non lo dicono, si parla di normali
terapie. Eppure la seconda infusione sembra miracolosamente
attecchire, anche se allarma una febbre persistente. Il fisico
reagisce bene, Fortunato torna in un reparto <normale>, puo'
perfino iniziare una riabilitazione in palestra. Il 14 ottobre lascia
la camera d'ospedale. I compagni (Ravanelli, Vialli e Baggio, su
tutti) lo incoraggiano, lo tempestano di telefonate: <Ti
aspettiamo>. L'ottimismo si fa nuovamente strada. “.
C'è grande ottimismo intorno ad Andrea: le cure, come
detto, sembrano funzionare, a tal punto MARCELLO LIPPI, arrivato
nell'estate 1994 a TORINO ad allenare la JUVENTUS, in occasione di
SAMPDORIA-JUVENTUS, in programma Domenica 26 Febbraio 1995 alle ore
20.30, convoca ANDREA. Andrea però non ce la fa ancora, e così
assiste in tribuna a Marassi alla partita tifando i suoi compagni di
squadra.
Quando sembra che finalmente tutto stia procedendo per
il verso giusto, purtroppo, in seguito a un'influenza, trasformatasi
poi in polmonite, dovuta a un improvviso abbassamento delle sue
difese immunitarie, il 25 Aprile 1995 alle 8 di sera, Andrea
purtroppo muore. I compagni di squadra di ANDREA, impegnati con la
NAZIONALE a VILNIUS, apprendono questa triste notizia alla vigilia
della partita contro la LITUANIA. In onore e ricordo di ANDREA
FORTUNATO viene osservato un minuto di silenzio. Gli azzurri
giocarono con il lutto al braccio e vinsero la partita grazie a
un goal di GIANFRANCO ZOLA, che dedicò il goal al compagno scomparso, come possiamo vedere in questo filmato.
Pubblichiamo ora l'ultima intervista rilasciata nel
MARZO 1995 da ANDREA FORTUNATO.
«Undici mesi di malattia è una cosa lunga, infinita.
Ma di tremendo, a parte i periodi di grande crisi fisica, ci sono
stati solamente i primissimi momenti; dopo ho combattuto. Invece,
all’inizio è stato diverso; il giorno prima stavi fra i sani, il
giorno dopo passi fra i quasi incurabili. Non si può descrivere che
cosa si prova».
Come si reagisce? «Ti senti perduto e, nello stesso tempo, diventi curioso; è una sensazione strana. Vuoi sapere ogni cosa della tua malattia, ti interroghi sui sintomi, sulle cause, sulle possibili conseguenze. Sai che non ti diranno tutto, provi ad indovinare le bugie, ma poi fingi di crederci, ti convinci che è meglio, altrimenti impazzisci. Quando un medico ti spiega quali sono i sintomi della leucemia ti senti sprofondare; e più parla, più tu capisci che tutto corrisponde, che è davvero il tuo caso. In quel momento il male ti prende in ostaggio; ma tu devi impedirgli di ammazzarti».
Come ci si può riuscire? «Con l’aiuto di Dio e dei medici, ma anche con un pensiero fisso: ce la devo fare. Me lo ripetevo ogni giorno e me lo ripeto ancora; neppure per un istante ho pensato che avrei perso la partita. Lo chiamano atteggiamento positivo, pare sia una mezza medicina».
Vuoi fare ancora il calciatore? «Questo è un pensiero che non mi ha mai abbandonato. Mi sono sentito un atleta anche nei giorni più difficili, quando ero più di là che di qua. Ho lottato con spirito sportivo, si può dire che non mi sono mai tolto la maglia di dosso. Rimetterla davvero, ma non solo; ho chiesto, mi sono informato, mi hanno spiegato che tanti atleti sono tornati all’attività dopo la leucemia. Credo, spero di riuscirci».
Come cambia la vita, dopo un’avventura del genere? «Cambia tutto, ti costruisci una scala di valori nuova; dai importanza alle cose che valgono davvero e non te la prendi più per le sciocchezze. E capisci che l’amicizia è la prima cosa; io, per esempio, ho un fratello in più, Fabrizio Ravanelli. È stato incredibile, mi ha messo a disposizione una parte della sua vita, non solo la sua famiglia e la sua casa di Perugia; non si può descrivere con le parole. Il giorno più bello, in questi mesi di malattia, l’ho vissuto quando lui ha segnato 5 goal al Cska, in Coppa; quella sera ho capito davvero che cosa è la felicità; ed è stato altrettanto bello, vedere Fabrizio esordire in Nazionale, proprio a Salerno, la mia città».
Ti sono servite le vittorie bianconere? «Non solo quelle, ma la costante presenza dei compagni e della società; un’altra famiglia, davvero. Se sono vivo lo devo anche a loro, al loro affetto».
C’è un momento, di questi mesi, che ricordi con particolare intensità? «L’uscita dall’ospedale a Perugia, dopo il secondo trapianto; non mi sembrava vero, vedevo diverse tutte le cose, mi parevano straordinarie anche le più insignificanti. Non immaginavo quanto potesse essere meravigliosa anche una semplice passeggiata».
Cosa insegna la malattia? «Che nella vita c’è di peggio di uno stiramento che ti tiene fuori dal campo per due settimane. Che ogni giorno muoiono bambini leucemici senza che nessuno lo sappia e senza che si possa fare nulla. Che in Italia abbiamo i migliori medici del mondo; a Perugia vengono ad imparare le nostre tecniche dall’America, da Israele, dalla Francia. Però, le strutture sono quelle che sono, mancano gli spazi, c’è gente in coda da mesi per un trapianto. Bisogna donare il midollo, senza paura, perché questo salva la vita agli altri e da senso alla tua».
Il tuo sogno? «La leucemia mi ha insegnato a non fare progetti a lunga scadenza e neppure a media; non per paura, ma per realismo. La prima volta che programmai il ritorno a Torino, mi alzai la mattina con la febbre; nulla di grave, per fortuna, ma ci rimasi male. Vivere alla giornata non è una sconfitta, semmai un modo per apprezzare davvero la vita in ogni attimo, in ogni sfumatura. È quello che farò».
Due
giorni dopo la scomparsa di ANDREA, il 27 Aprile 1995, si svolsero a
SALERNO, i funerali di ANDREA, a cui parteciparono oltre 5.000
persone, compreso lo staff tecnico della JUVENTUS.
Particolarmente
toccante fu l'orazione funebre di GIANLUCA VIALLI, che scoppiò
letteralmente a piangere ricordando il suo compagno di squadra.
Nella
stagione 1994/95 la JUVENTUS guidata da MARCELLO LIPPI si aggiudicò
lo scudetto, che venne a lui dedicato.
LA JUVENTUS RICORDA ANDREA FORTUNATO.
Nel
corso degli anni la JUVENTUS, non ha mai dimenticato questo giovane
campione, strappato troppo presto allo sport, ma sopratutto alla
vita. Anche
oggi sul sito ufficiale della società bianconerà è apparso infatti
un comunicato ufficiale. Un comunicato che mi ha colpito molto e che
invito tutti a leggere veramente con la massima attenzione.
“Un
ragazzo gentile ed educato, un giocatore di sicuro talento e di
limpida correttezza. Un sorriso dolce, spento 18 anni fa da un
destino vigliacco. Il 25 aprile 1995 Andrea Fortunato, a neanche 24
anni, ci lasciava, sconfitto dalla leucemia.
Quel suo sorriso però è rimasto scolpito nella nostra memoria, perché non lo ha mai abbandonato, fino all’ultimo giorno, ed è un insegnamento per tutti. E’ come se, con quel sorriso, Andrea avesse voluto insegnarci ad affrontare la vita, anche le sue battaglie più dure, con la sua serenità. E’ come se avesse voluto ricordarci che le sfide si possono anche perdere, ma che mai, neanche per un attimo, ci si deve sentire sconfitti.
Grazie Andrea. Il tuo esempio sarà sempre con noi”.
Quel suo sorriso però è rimasto scolpito nella nostra memoria, perché non lo ha mai abbandonato, fino all’ultimo giorno, ed è un insegnamento per tutti. E’ come se, con quel sorriso, Andrea avesse voluto insegnarci ad affrontare la vita, anche le sue battaglie più dure, con la sua serenità. E’ come se avesse voluto ricordarci che le sfide si possono anche perdere, ma che mai, neanche per un attimo, ci si deve sentire sconfitti.
Grazie Andrea. Il tuo esempio sarà sempre con noi”.
Una
cosa è comunque certa: ANDREA FORTUNATO avrà sempre un posto
speciale non solo nel cuore dei tifosi bianconeri ma anche nel cuore
di tutti noi appassionati di calcio.
Rüdiger
Franz Gaetano Herberhold
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