Cari
amici,
con
un po' di ritardo, bentrovati alla seconda puntata di PUNTI &
SPUNTI. Quante volte, quando eravamo più piccoli, abbiamo sempre
pensato, da appassionati di calcio, ai calciatori come idoli, come
punto di riferimento anche per le giovani generazioni?
In
buona parte dei casi è senza dubbio così, anche se purtroppo non
mancano le eccezioni. In questa puntata, quindi, andremo a
raccontarvi due storie: una in cui purtroppo il calciatore
protagonista abbia avuto un ruolo diciamo non proprio positivo,
l'altra in cui per fortuna il calciatore protagonista ha avuto un
ruolo per fortuna positivo.
IBRA E IL
MANCATO INCONTRO CON HARJUDIN.
La
prima storia che vorrei raccontare in questa nostra puntata vede come
protagonisti l'attaccante del PSG ed ex punta di JUVE, INTER e MILAN,
ZLATAN IBRAHIMOVIC e il piccolo HARJUDIN KAMENJAS.
Harjudin
è un bambino bosniaco di 8 anni, che purtroppo dall'età di due anni
convive con una forma molto grave di leucemia. Purtroppo, e questa è
la cosa che credo nessuno di noi vorrebbe sentire, secondo i medici,
Harjudin ha a malapena ancora un mese di vita. Questo bambino, però,
è cresciuto con la passione per il calcio, e in particolare per
ZLATAN IBRAHIMOVIC, di cui è un grandissimo ammiratore.
Per
questo motivo, quindi, la famiglia di HARJUDIN scrive una lettera
estremamente accorata al campione svedese, spiegandogli la situazione
del figlio, e chiedendogli come ultimo desiderio la possibilità di
potergli far incontrare Harjudin.
Ibra
accetta, ma di qui in poi la storia si fa sempre più ingarbugliata.
Alcuni media bosniaci riferiscono di una visita a Sarajevo di
Ibrahimovic lo scorso 3 Ottobre, ma in realtà la notizia è una vera
e propria bufala, perchè, come racconterà la madre del bambino,
"Ibrahimovic non verrà per i prossimi due-tre
giorni. Ha molti impegni. Stamane ho pregato tutti di non fare
pressioni che avrebbero effetti controproducenti. Chiedo a tutti i
media in Bosnia-Erzegovina e in tutta la regione di non scrivere
nulla su questa vicenda, poiché ciò facendo non rispettano nè
Zlatan nè il mio Hajrudin. Nessuno saprà mai dove e quando si
incontreranno Hajrudin e Zlatan Hibrahimovic. Questo non è un gioco,
questo è il mio dolore e prego tutti di rispettarlo."
Nei
giorni successivi Ibra manda ad Harjudin una maglia autografata e un
videomessaggio registrato in cui spiegava al bambino che non sarebbe
potuto venire a Sarajevo per i numerosi impegni con il PSG, ma che
avrebbe sempre pensato a lui.
Il
PSG si prende a cuore la vicenda, assicurando che l'incontro si
sarebbe svolto a Parigi. In seguito a un infortunio di Ibra tra fine
Ottobre e i primi di Novembre a causa di una infiammazione al
ginocchio sinistro, il PSG organizza l'incontro per il weekend tra il
1° e il 2 novembre a Parigi.
La
famiglia di Harjudin viene aiutata a realizzare il viaggio
dall'attivista umanitaria Tehvida Thea Rekic, bosniaca emigrata in
Germania dove ha fondato una Ong, e finanziato da un calciatore
bosniaco che ha chiesto di rimanere anonimo.
Harjudin,
con la famiglia, si reca dunque in Francia a Parigi, per incontrare
il suo idolo, Ibra. Un incontro al quale il bambino tiene molto, ma
che purtroppo non si verificherà a causa dei continui ed
ingiustificati rinvii di Ibrahimovic. Non solamente Ibra non si
presenterà in tribuna ad incontrare il piccolo Harjudin durante una partita del PSG a cui era stato invitato, ma rinvia
tutti gli incontri fissati in seguito con il bambino e la sua
famiglia.
Toccano
molto le frasi del padre del bimbo, dietro l'ennesimo rinvio da parte
di IBRA. “Non sono riuscito a regalare a mio figlio l'ultima
emozione della sua vita. Abbiamo fatto di tutto per esaudire il suo
desiderio, anche contattato il PSG, ma di fronte al rifiuto del
calciatore siamo stati costretti a trovare una scusa, dicendo a
nostro figlio che Ibra era in ospedale, malato”.
Harjudin,
purtroppo, è stato così costretto a rientrare in Bosnia, senza
poter realizzare il suo sogno: poter incontrare una volta dal vivo il
suo idolo, insomma, ZLATAN IBRAHIMOVIC.
Per
una storia purtroppo molto triste, fortunatamente c'è anche una
storia da lieto fine. Una storia che dimostra che i calciatori,
QUANDO vogliono, hanno anche un grande cuore.
LA LEZIONE
DI KIM.
La
seconda storia che andiamo a raccontare vede protagonisti il piccolo
MAX, e il centrocampista dello SPARTAK MOSCA, lo svedese KIM
KALLSTROM. Questa storia ha fatto il giro del mondo, e, con colpevole
ritardo, andiamo ora a raccontarla.
Martedì
15 Ottobre. Si gioca alla FIRENDS ARENA di SOLNA l'ultima gara della
fase a gironi della qualificazione mondiale per i mondiali del
prossimo anno in Brasile tra la GERMANIA e la SVEZIA.
I
giocatori scendono in campo accompagnati da 22 bambini, 22 mascotte
molto speciali. I 22 bambini sono infatti affetti dalla sindrome di
WILLIAMS-BEUREN, un disturbo che colpisce fin dalla tenera età che
purtroppo compromette la crescita, provoca ritardi mentali ed anche
un invecchiamento precoce.
All'atto
di scendere in campo Max mostra subito profondo smarrimento e tanta,
tanta paura.Uno dei sintomi purtroppo gravi della malattia. Kallstrom
se ne accorge subito, e a quel punto , come possiamo vedere dalla
foto, con profonda naturalezza abbraccia subito il piccolo Max per
fargli capire che non è da solo, che anche lui lo protegge. Il
bambino riesce a superare così questo momento per lui molto duro.
Nei
giorni successivi il padre del bambino scrive a Kallstrom, usando
queste parole "Grazie al tuo comportamento, mio figlio è
riuscito a provare le stesse emozioni degli altri: orgoglio e la
sensazione di essere speciale. Ti sto scrivendo perché non sono del
tutto sicuro che tu abbia capito quello che hai fatto per noi.
Martedì Max è riuscito a fare qualcosa di speciale: mantenere la
concentrazione per 15 minuti senza alcun accenno di nervosismo".
Una bellissima storia, quella di Kim Kallstrom e del piccolo Max, che dimostra quanto per fortuna nel calcio esistano ancora dei calciatori capaci di essere non solamente dei grandi campioni superpagati, ma anche e sopratutto dei grandi uomini.
Rüdiger Franz Gaetano Herberhold
Nessun commento:
Posta un commento